Meglio chiedere un approccio ai problemi o delle soluzioni?

Ho un bel dubbio. Ma l’elettorato e il Terzo Settore dovrebbe chiedere contenuti oppure un (diverso) metodo di governo? Un modo per affrontare i problemi o delle soluzioni? Un metodo oppure il merito, il rimedio e, spesso, dei programmi?

Me lo chiedevo mentre, anch’io davo il mio piccolissimo contributo all’ennesima agenda, un altro strumento di pressione della società civile verso la politica. Una delle tante iniziative che, con l’altra mano, stiamo osservando.

E come al solito questa è concentrata sulle soluzioni, sulle risposte, sui contenuti, le proposte e le richieste da fare. Le promesse da strappare. Raramente queste sono concentrate sul modo di ottenere risultati, sul tipo di strutture, amministrazioni da mettere in campo, sul sistema che si ha per trovarle, per attuarle, per verificare i risultati.

E’ lo stesso equivoco che colpiva il “governo dei professori”. Decisioni importanti, su questioni complesse, con ripercussioni a luogo termine, venivano prese in brevi momenti del Consiglio dei Ministri. Poche decine di minuti. Leggi e regolamenti creati in poche settimane da tecnici. Loro già sanno. Diverso il ruolo del professore, ovvero dello studioso, di chi fa ricerca. Diverso il metodo. Riflessione, studio, analisi della situazione, sperimentazione, sistemi di verifica.

Stesso equivoco per la politica, per le elezioni. Cerchiamo soluzioni già pronte, proponiamo ricette. Più raramente vogliamo conoscere l’approccio al problema. Con il rischio che sia sempre lo stesso. Quello che in passato non ha funzionato.

Perché come diceva quello:

“per chi ha in testa un martello, il mondo é un chiodo.”

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