Se stai perdendo prendi esempio da Dottor Who e non da Avatar

Qualche tempo fa, per puro caso, posso giurarlo, durante la stesso giorno ho visto due prodotti audiovisivi che possono offrire, a mio avviso, elementi utili per orientarsi tra le strategie di movimenti sociali.

Una era la messa in onda in chiaro di Avatar. L’altra era una puntata della quarta serie di Dottor Who. Dovrebbe essere ormai scontato. L’immaginario collettivo influenza l’azione sociale, mitologie narrazioni popolari attribuiscono a pensare a scenari e progetti. Ma non solo i prodotti dell’industria culturale costituiscono ormai un vero e proprio magazzino di immagini e simboli da usare nella scena pubblica. Avatar, nel momento della sua distribuzione e della sua grande fama, è stato addirittura utilizzato da alcuni gruppi palestinesi per rappresentare la loro condizione (leggi l’interessante analisi di H. Jenkins) ma anche ad un video virale per la campagna di Emma Bonino per la Regione Lazio.

La pellicola di James Cameron, come è noto, utilizza, tra i molti, un cliché collaudato: la storia dei nativi americani e la loro resistenza narrata da innumerevoli film hollywoodiani, tra le altre. La storia di una sconfitta epocale, di un genocidio. Forse inutile ricordarlo. La storia di una resistenza schiacciata da un avversario forte e tecnologicamente più attrezzato, di un feroce colonizzatore. Una narrazione così potente da essere utilizzata in passato da moltissimi movimenti sociali (chi ricorda o conosce gli indiani metropolitani?). Una riedizione moderna, e riattualizzabile a piacere, dello scontro tra Davide e Golia in cui però il resistente assume le sembianze dell’eroe maledetto, dell’eroico martirio di chi, seppur nel giusto, è destinato a soccombere. Un’epopea associata ai conflitti contemporanei come nel film, bello e visionario, di Marco Ferreri, in rivisitazioni di quella “storia nascosta” come nel più recente romanzo di Wu Ming, fino nell’utilizzo politico di un’inquietante e celebre manifesto della Lega Nord.

E’, però, la storia di una strategia perdente. Non dobbiamo dimenticarlo.

Il suo uso può colpire la nostra immaginazione, i nostri ricordi, i giochi, come le maschere che indossavamo da bambini a carnevale. Per questo funziona. Ma dobbiamo riflettere se questa mitologia ci proponga narrazioni utili o “tossiche”. Strategie efficaci o destinate al fallimento, per quanto eroico.

Allora torniamo a queste due narrazioni, a questi due possibili esempi (e corrispondenti possibili spoiler).

Avatar

Credo sia inutile ricapitolare l’intera trama e l’ambientazione del blockbuster. Siamo alla resa dei conti. Nell’incedere del tutto convenzionale del film, fitto degli stereotipi più consolidati e abusati, l’epilogo ricalca proprio il tipo di situazione senza uscita di molte pellicole western: l’attacco finale del nemico (superiore per armamento e forza d’impatto). Da una parte i nostri eroi, gli alieni-nativi bluastri della luna Pandora con l’aggiunta di un manipolo di “traditori” umani schieratasi alla fine del film dalla parte del popolo resistente, della parte avversa c’è l’esercito terrestre.

Naturalmente una trama così standardizzata prevede la vittoria, seppur sofferta e dolorosa, dei “buoni” attraverso un aiuto esterno. Un “arrivano i nostri” peculiare perché, nella costruzione ambientalista del film, avviene grazie all’intervento della particolare “madre natura” che collega il corpo celeste ai suoi abitanti.

La strategia difensiva dell'”alleanza ribelle” deve essere quindi perdente. Però dovrà essere eroica, pronta al sacrifico, e letteralmente di massa. Vede un intero popolo sul fronte già (quasi) certo della sconfitta. L’aiuto della “quinta colonna”, del piccolo drappello di terrestri può essere utile: è composto da soldati e da scienziati. Proprio intorno a questo argomento si convince “i colleghi” a partecipare allo scontro. L’unione della conoscenza del territorio e delle tattiche d’attacco e dell’armamento dell’avversario sarebbero state decisive. Invece la strategia scelta dalla resistenza appare da subito scontata, fiacca, inefficace. L’attacco frontale aereo dei Na’Vi non richiede nessuna particolare conoscenza del luogo come l’attacco “a sorpresa” del veicolo aereo terrestre a disposizione del popolo nativo si risolve in uno scontro “faccia a faccia” con la nave ammiraglia nemica che culmina con la morte della pur coraggiosa pilota umana. L’esigenza narrativa dell’arrivo del salvataggio esterno rende il fronte eroico alquanto sprovveduto, votato ad un martirio le cui ragioni si valutano più nella capacità di morire per esse che in quella di trovare la soluzione migliore.

Passiamo allora all’esempio britannico.

Doctor Who

Parliamo della quarta stagione della nuova serie della longeva tv-series di fantascienza prodotta dalla BBC. Esattamente gli episodi 4 (The Sontaran stratagem) e 5 (The poison sky). La situazione è perfettamente rovesciata. Il popolo attaccato è quello terrestre. Il “signore del tempo” alieno, che si fa chiamare il Dottore, scopre un attacco di una specie aliena guerriera, i Sontaran. Lo stratagemma evocato dal titolo si rileva essere un complotto molto astuto. Un lungo lavoro di infiltrazione avvenuto attraverso l’introduzione, grazie alla complicità di un giovanissimo e geniale imprenditore terrestre, di una tecnologia malevola in un nuovo tipo di navigatore (ATMOS) istallato in gran parte delle automobili del pianeta. Questo, ad un certo punto della storia, inizia ad emettere una sostanza gassosa che, oltre ad essere tossica, sta saturando l’intera atmosfera terrestre.

La popolazione terrestre, ed il nostro manipolo di eroi, si ritrova in una situazione simile a quella dei protagonisti di Avatar. Ha le spalle al muro. Sta per essere sconfitta da un avversario superiore per tecnologia e organizzazione. Non appaiono all’orizzonte soluzioni o vie d’uscita. Naturalmente la situazione sarà risolta dal protagonista. Però, come avviene con assiduità nella serie, non è la capacità guerresca del Dottore a farne la forza, anzi è proprio il piglio antimilitarista e il rifiuto delle armi a caratterizzarlo anche in questa occasione. Le sue principali risorse sono invece l’ampia – quasi millenaria – conoscenza della storia e delle specie dell’universo oltre alla competenza tecnico scientifica, aggiunte all’intelligenza, la rapidità di movimento e la capacità di stringere alleanze. Talenti guerriglieri. Caratteristiche simili a tanti eroi della fantascienza in grado di risolvere con creatività anche situazioni disperate (si pensi al Comandante Kirk della prima Star Trek).

E’ allora un atteggiamento “sapiente” quanto ironico e non convenzionale, come spesso avviene nella serie, a far trovare al Dottore la soluzione migliore. Vediamo alcune caratteristiche della sua strategia:

1. Conoscenza dell’avversario. E’ l’indagine del Dottore a individuare l’azione delle armate nemiche o di ogni pericolo ignoto. Diffida delle prime superficiali scoperte, dei primi elementi che emergono alla costante ricerca, in quasi ogni avventura, delle ragioni, delle autentiche intenzioni o dei presupposti che guidano le azioni altrui. Sulla base di questo sapere orienta l’azione, trova un modo di confrontarsi con l’avversario. Due gli esempi in questi episodi: “non può bastare” è la frase che pronuncia quando scopre la natura aliene dal navigatore ATMOS. Dietro deve esserci qualche altro fine, un piano più articolato. E così sarà. Inoltre il Dottore conosce l’unica fragilità nella forte corazza di un soldato Santaran, una piccola ventola di raffreddamento dietro al collo: quando necessario compirà quel luogo nascosto alla vista con un preciso colpo di sponda di una pallina da tennis…

2. Ingannare gli ingannatori. La capacità di svelare gli inganni ed utilizzare queste situazioni di ambiguità a sua vantaggio emergono in almeno un passaggio. Il Dottore capisce facilmente che la sua (ex) assistente è stata sostituita da una spia-clone santaran. Eppure decide di non svelarne subito l’identità anzi utilizzandone la presenza per facilitare il suo piano trasformandola di fatto in una doppio giochista.

3. Innovazione tecnologica. Molto spesso, nel tipico spirito guerrigliero, il Dottore usa la tecnologia aliena come proprio strumento di offesa, o, come in questo caso, la reinventa o riconfigura per sua utilità. In questo caso utilizza una tecnologia creata nel laboratorio del creatore dell’ATMOS per bloccare e rovesciare l’effetto del gas nocivo che altrimenti “trasformerà la Terra in un’enorme incubatrice per miliardi di cloni sontariani”.

4. Disponibilità ad una gestione diversa del conflitto. Molto spesso il Dottore, prima di sferrare l’attacco decisivo offre una via d’uscita agli avversari. Come in Avatar, l’estrema possibilità per sconfiggere gli invasori si inserisce in un possibile martirio, ma nel metterla in atto, prima di metterla in atto, il Dottore gli offre una soluzione alternativa, la possibilità – tipica delle strategie nonviolente – di interrompere le ostilità in ogni momento, anche quando si sta per prevalere.

Morale(?)

Certo, si dirà. È più facile elaborare raffinate strategie in una sceneggiatura che nella vita reale. E’ più semplice elaborare raffinate strategie da soli, come protagonisti di un epopea, che in un movimento sociale, all’interno di una collettività caotica.
Eppure, almeno nelle narrazioni e nelle idee, se mi trovo in una situazione di svantaggio, di minorità, se sto perdendo preferisco scegliere come modello il dottore ultracentenario che un semplice avatar, preferisco strategie tese a sperimentare e innovare piuttosto che perdere con qualche onore.

E’ ora di scegliere esempi positivi. Strategie vincenti. Creative. Efficaci.

Almeno nell’immaginario.

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  1. 30 Aprile 2013

    […] virtù salvifiche del momento simbolico, dello scontro epocale. Quanto ci piace l’idea (la storia e l’immagine) di fornire col martirio un esempio da seguire. La stupidità degli […]