Sgridare gli sgridatori?

Gridare, urlare, farsi sentire. Alzare la voce.

E’ quasi naturale nella vocazione  della comunicazione politica, nella necessità di ogni movimento sociale, di ogni minoranza. Appare allora ovvio usare l’immagine dell’amplificazione come metonimia per l’invio di questi messaggi, per la presenza in piazza, per illustrare una campagna. L’ultimo esempio rintracciato viene dalla politica, ma se ne ritrovano innumerevoli nella comunicazione della pubblica amministrazione come nel Terzo settore.

L’attitudine alla voice, la necessità di entrare nello spazio pubblico aggiungere la propria vocalità al coro di chi conta, è oggi un obbligo. Non è però obbligatorio usare questa metafora come allegoria per la propria pratica comunicativa, come sinonimo dello stesso comunicare.

E’ l’inizio dell’opera, che sarà ancora lunga, di “decolonizzazione” di una certa cultura e linguaggio della comunicazione. Di ricostruzione di tecniche e modelli dell’espressività,  delle pratiche di edificazione delle relazioni e di costruzione dei significati.

Utile ricordarlo: forse ripetendolo come un mantra. Da sussurrare.

Il megafono è un cattivo simbolo per il comunicazione. Alzare la voce non è un buon metodo per convincere. Farsi sentire non significa essere compresi…

E se non avete capito, ve lo urlo!

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