Meglio New Age che No Global

Il sito web ha subito un cyberattacco ed è ora chiuso. L’articolo è disponibile sull’archivio residuo, ma lo riportiamo qui di seguito.
in Rekombinant “Immaginario” 13.05.2002

Chi non odia il termine New Age? Chi non odia il termine No Global? La new age ha però prodotto miti & cambiamenti (di vita), salute & benessere, piacere & desiderio. Il No Global (anche) violenza & piazza, sacrificio & politica, Caruso & Casarini. Scambiamo le parti?

Chi non odia il (termine) New Age? La sua moda, il suo business, la sua ingenuità. L’assenza di conflitto e il positivismo ebete sono quasi più odiosi, e noiosi, di un Cd con i suoni di una cascata.
Chi non odia il termine No Global? La sua imprecisione, il suo stigma reazionario, la sua aridità. Non si tratta di trovare definizioni migliori (New Global, Alterglobal…), non ve ne è uno solo. Se la rete NoGlobal napoletana (No “Global Forum”), gli editori furbetti  non continuassero a confermare questa superstizione giornalistica forse sparirebbe come i corni dietro le porte, prima o poi.

Cosa produce la New Age che “NoGlobal” non crea?
Tendenza, correnti di idee, mitologie, pratiche sociali. Il personale è politico, new age ha significato mutare il proprio quotidiano, costruire alternativo di vita, di consumo, di pensiero alle pratiche consuete. Quelle imposte dalle leggi (del mercato e dello Stato). Produrre alternative al consumo alimentare, ai metodi di cura, all’obbligo lavorista, al consumo culturale beota, al sacrificio. Ha significato prestare attenzione alla propria vita, “farsi una vita e non uno stile di vita” (Hakim Bay, Luther Blissett o me medesimo non ricordo). Certamente il new age è diventato istantaneamente uno stile di consumo, è una pratica apolitica, un fonte di guadagno per imprese (la cosa non è un male in se, non siamo noi stessi a beneficiarne, fino a quando non facciamo autoimpresa, Rizome inc.). Ma. Ma ha creato mitologie (l’era dell’acquario), diffuso critiche ai modelli sanitari e consumueristiche, attenzione al consumo, pensiero pro-positivo e globale (olistico).

Questo dovrebbe fare il NeoNoGlobal (bleah!). Non rimanere ancorato alla politica, non tornare alla politica nazionale, non difendere nessun esistente.

Perché i “compagni” devono continuare a mangiare peggio degli altri? A curarsi con i farmaci delle multinazionali, usare i media generalisti, mangiare crittogamici e devastare l’ambiente?
E’ quello che significa il Fair Trade (commercio equo e solidale), il “Consumo responsabile” (Gesualdi), le abitudini ecologiche (Legambiente), persino i consumi etici di quel figlio di papa di Jacopo Fo. “Non siamo soli nell’universo”.
Come diceva quel vecchio situazionista: “chi parla di rivoluzione e non la pratica nella vita quotidiana parla con un cadavere in bocca”.

Se il “movimento dei movimenti” non farà lo stesso non sarà servito a nulla. Se non produrrà consumi sostenibili (come Legambiente), evasione/obiezione fiscale (per la tobin tax), commercio equo (per i sud del Mondo), cioè se non produrrà circuiti di produzione, mode, miti, movimenti di consumo-comunicazione non produrrà rivoluzione (del) quotidiana(o). Non produrrà affatto rivoluzione.
Per produrre miti politici, eventi per “l’opinione pubblica”, lobbismo governativo, non servono grandi fatiche e grandi manifestazioni. Un gruppo di guastatori ben addestrati, istruititi, consapevoli e furbi ormai basta. Basta divenire mediali, produrre spettacolo. Bastano fantasia e produttività virale. Blissett docet. Ma anche Greenpeace e Umberto Bossi.
Il resto è esodo e autoimpresa: autonomia vitale.

* A mio modesto avviso Mara Malavenda (a Porta a Porta), Casarini (qualche volta) e Caruso (quasi sempre) dovrebbero anche smettere di (essere usati per) confermare l’immagine No Global = scalmanati / violenti / prevaricatori / urlatori senza raziocinio, contornati da una retorica barricadera e/o comunista (italiana), aiuterebbero l’immaginario del movimento. Per andare in tv ci vuole calma, consapevolezza e conoscenza del linguaggio del medium. Come faceva Malcom X. Altrimenti si rimane in strada.
Cosa significa esattamente “rivendicare spazi di agibilità democratica”?

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